Intelligenza artificiale: deodorante o doccia?
28 ottobre 2025
L’intelligenza artificiale è ormai parte del mio lavoro, dello studio e della ricerca quotidiana di informazioni. Non è solo una scorciatoia per risparmiare tempo: è un amplificatore. Ti mostra connessioni, sintetizza concetti, accelera idee. Ma, come ogni amplificatore, se ci colleghi un cervello spento, non ne esce musica: solo rumore.
La differenza tra usarla e abusarne è tutta lì. L’AI è uno strumento, non un sostituto. Mi piace pensare a una metafora semplice: è come il deodorante. Se ne fai buon uso, ti rende più piacevole da avere intorno. Se ne abusi diventi fastidioso. E, soprattutto, non è una doccia spray: non sostituisce la buona abitudine di lavarsi. Con l’AI è uguale — devi farne un buon uso, se ne abusi finisci per diventarne dipendente e perdere autonomia, e soprattutto non sostituisce la buona abitudine di accendere il cervello.
Batto tasti su una tastiera da quasi 40 anni, e ho visto arrivare altre rivoluzioni tecnologiche che hanno semplificato l’interfaccia uomo–macchina: l’introduzione del , i primi , e infine il e gli come Siri o Alexa. Strumenti nati per semplificare la vita e rendere accessibili tecnologie complesse anche a chi non ne capisce nulla. Funziona — eccome se funziona. Ci sono signore di ottant’anni con blog di cucina! Immaginatevi se dovessero crearli programmando in su monitor a fosfori verdi.
10 PRINT "BENVENUTI NEL MIO BLOG DI CUCINA" 20 PRINT "OGGI PREPARIAMO LE LASAGNE" 30 INPUT "QUANTI STRATI DI PASTA VUOI? "; L 40 FOR I = 1 TO L 50 PRINT "AGGIUNGI STRATO "; I; " DI RAGU E BESCIAMELLA" 60 NEXT I 70 PRINT "INFORNA A 180 GRADI PER 30 MINUTI" 80 PRINT "BUON APPETITO!"
Lo dico anche per esperienza diretta: metà di questo sito l’ho costruita proprio grazie all’assistenza dell’AI. La parte di formattazione visiva e l'impaginazione, i piccoli aggiustamenti di codice, i dettagli di e — linguaggi che non conoscevo — sarebbero stati infinitamente più lenti da imparare da zero. Con l’aiuto dell’AI sono riuscito a mettere in piedi lo scheletro del progetto in una settimana, e da lì ho iniziato a capire davvero come funziona: aggiustando, migliorando, imparando a ogni modifica. Inoltre le immagini sono tutte generate tramite AI, e l'ho usata anche per revisionare i testi e migliorarne leggibilità e punteggiatura.
Molti temono che l’AI porterà via posti di lavoro. Personalmente, nel mio settore, trovo questa una visione un po’ miope e vittimistica: denota più insicurezza che realismo. Non dico che questo spettro non esista e che non possa succedere, ma preferisco pensare in modo positivo e proattivo — che il rischio concreto sia semmai quello di restare indietro se non si impara a sfruttarne davvero le potenzialità.
Per chi lavora nella programmazione, l’AI non è un nemico ma un moltiplicatore di efficienza: permette di ridurre i tempi di sviluppo, migliorare la qualità del risultato finale e dedicare più energie a ciò che davvero fa la differenza. Per produrre non solo “ciò che il cliente chiede”, ma soprattutto “ciò di cui il cliente ha bisogno”.
L’AI è il futuro, e non c’è dubbio che verrà usata anche male. Ma, come accade per tutte le innovazioni destinate a restare, alla fine la useranno tutti — chi più, chi meno. E forse la vera differenza, tra chi si farà guidare e chi la saprà guidare, starà proprio lì: nel ricordarsi che l’intelligenza artificiale funziona solo se la mente umana non si spegne.